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Le malattie energetiche

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view post Posted on 7/2/2016, 16:06     +1   -1
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Il nostro sistema energetico è alla base del funzionamento del nostro essere fisico, mentale, emozionale e anche spirituale. Nel momento in cui i nostri centri energetici perdono il loro equilibrio, gli effetti di ciò si ripercuotono sul nostro essere ad ogni livello e in ultima analisi a livello fisico generando malattie.

Di seguito saranno citate varie "forme" e meccanismi emozionali che possono causare e manifestare i vari squilibri energetici nell'essere umano.




L'INSICUREZZA

Tra le diverse forme complesse di manifestazione delle malattie energetiche, trova posto anche l’Insicurezza. Ben nota a tutti, è la rocciosa nemica che si oppone nelle nostre scelte più, o meno, importanti. Affrontarla non è affatto facile, ma esistono dei sistemi per comprenderla, evitarla o estinguerla.
L’Insicurezza è quello stato mentale che ci sottomette nel momento in cui operiamo delle scelte rilevanti o azzardate. Nei casi peggiori, si può anche riscontrare nelle decisioni più semplici e quotidiane, scaturendo tra dubbi, mille domande e altrettante obiezioni.
Questa malattia energetica si manifesta traendo origine dall’Attaccamento, al quale però si aggiunge la Paura. Si può dire, pertanto, che l’Insicurezza è l’evoluzione dell’Attaccamento, e proprio per questa ragione si rende necessaria una terapia che prenda spunto dal Distacco. Ciò, tuttavia, non sarà sufficiente in quanto è indispensabile agire inizialmente sulla Paura e solo in un secondo tempo si potrà ottenere un risultato positivo col favore del Distacco. l’unico iter efficiente, quindi, sarà quello di confidare sulla Presenza, da intendersi nell’ormai famosa espressione del qui e adesso, e operare poi per mezzo del Distacco.
La Paura, in collaborazione con l’Attaccamento, genera l’Insicurezza e da essa ne trae alimento. Maggiore sarà il nutrimento e più manifesta sarà l’Insicurezza, fino a raggiungere le situazioni più semplici e quotidiane scadendo, infine, nel costante stato di incertezza continuativo dei casi peggiori. La tempestività di intervento è pertanto decisiva, attendere troppo a lungo o lasciare che l’Insicurezza doni massima forza alla Paura può provocare gravi problemi, proprio in virtù del fatto che quest’ultima otterrà energia sufficiente per garantirsi l’apertura di nuovi nutrimenti, generabili dalle altre forme base: Rancore, Giudizio e Abbandono. Quindi, se possibile, è opportuno agire immediatamente, onde evitare la necessità di terapie multi direzionali più complesse e opposizioni mentali eccessive.
A livello fisico, l’Insicurezza colpisce le stesse aree dell’Attaccamento, influenzandone in modo più ragguardevole gli effetti. Le gambe, gli organi sessuali, gli intestini, nonché le ghiandole surrenali, sono i bersagli principali e le malattie ivi manifeste possono essere anche gravi.
È da tenere presente, inoltre, che l’eccesso di sicurezza non differisce dall’Insicurezza, se non per carattere o direzione. Essa, infatti, è comunque una sua espressione, diversa da quella classica e naturale, ma pur sempre facente parte della medesima matrice.
Un buon sistema per alleviare la morsa dell’Insicurezza è quello di rendersi presenti nell’adesso e osservare i casi della vita come semplici, seppur mirabili, esperienze personali, e senza dare eccessiva importanza ad eventuali errori di scelta o relative decisioni sbagliate. Ogni errore è utile per imparare ed evolvere, tuttavia non deve essere inteso come una lacuna incurabile del nostro essere. Valutare con lieve e ponderato distacco ogni dubbio, chiedendosi quanta importanza merita sul serio ogni bivio e l’eventuale possibile errore nella scelta, è l’atteggiamento corretto e salutare per vivere con serena disinvoltura la propria esistenza.





IL SENSO DI DIPENDENZA

Particolarmente diffusa, e forse la più semplice da riscontrare, è la malattia energetica del senso di dipendenza. Si nota facilmente se riferita ad oggetti di possesso, ma non occorre un occhio esperto per scoprirne la matrice anche nei rapporti personali tra le persone. Nonostante l’incisiva diffusione e la sufficientemente palese manifestazione, resta a tutti gli effetti un arduo nemico, e spesso una dura lotta interiore non basta per scardinarla.
Questa malattia nasce dalla concomitanza di altre due, quali il rancore e l’abbandono. Non è necessariamente potente, sebbene le sue radici penetrino fin nell’intimo, condizionando le scelte nei confronti di situazioni, condizioni, persone e decisioni. Può fare riferimento sia ad oggetti che a persone, definendo le relazioni sia con gli uni che con gli altri. Una possibile manifestazione, definibile come classica, riguarda la dipendenza dal fumo o dall’alcol, oppure shopping o quant’altro possa risultare mentalmente indispensabile per ottenere appagamento psicofisico. Un aspetto importante riguarda la sfera sessuale, dove il senso di dipendenza può prendere colore in tutte le sue infinite sfumature e condizionare in modo devastante la vita di una persona.
Purtroppo, tale malattia gioca tiri mancini, generando improbabili necessità impellenti, che successivamente devono assolutamente essere soddisfatte, a tutti i costi, per trovar pace nel nostro essere. Ovviamente, quella pace non si troverà mai, ma nel momento in cui siamo preda della dipendenza non esiste alcun verso contrario che risulti plausibile. In altre parole, una volta nella rete, è troppo tardi. In realtà le cose non stanno così, anzi, è decisamente possibile uscirne, e per farlo occorre comprendere che le necessità, che sentiamo prioritarie, non ci appartengono. Una possibile strada è proprio quella di non cedere al bisogno mentale, vivendo la condizione come un eventuale vizio o piacere personale, piuttosto che come morbosa incombenza.
Tuttavia, questo approccio non sarà sufficiente per controbattere la malattia del senso di dipendenza. Essa, infatti, non può essere sconfitta colpendola frontalmente, ma è indispensabile porre come bersaglio le due basi che la compongono, il rancore e l’abbandono. Colpendo le due fondamenta, alimentando pertanto la fiducia e lasincerità, essa crollerà senza opporre eccessiva resistenza.
In questo senso, è consigliabile trovare maggiore fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità, evitare situazioni rancorose o di vendetta, non crearsi in nessun caso aspettative di abbandono e non persistere in situazioni e condizioni palesemente inutili o prive di significato alcuno. Quanto detto, va riferito sia ad oggetti di possesso, azioni o reazioni insite ed istintive non commisurate, sia a relazioni stantie e torbide con persone che non hanno più nulla a che vedere con la nostra vita, o anche per quanto riguarda la sfera sessuale, particolarmente pericolosa in questa malattia energetica.
Un genere di relazione a specchio, che può risultare stimolante e al tempo stesso pericolosa, è rappresentata da coloro i quali soffrono della malattia energetica del senso di inferiorità, particolarmente attratti dalla condizione di dipendenza altrui e facilmente penetranti fino al cuore della nostra stessa compatibilità. In questi casi le due malattie si alimentano a vicenda, e uscirne diviene un’impresa di non poco spessore. Al primo segnale è consigliabile valutare bene la situazione e considerare l’eventualità di un cambio di direzione immediato. Se il rapporto è già in piedi da tempo, allora è necessario armarsi di pazienza, nervi saldi e una buona carica di purezza affettiva, in quanto l’uscita di scena ci renderà responsabili della fine del rapporto agli occhi di chi ci sta di fronte, di certo non interessato a lasciarci andare.





IL SENSO DI INFERIORITA'

Una malattia energetica che colpisce molte esistenze è proprio il senso di inferiorità, costantemente in primo piano in molti di noi, e da non confondere con la semplice sfiducia. Questa malattia ci impedisce di affrontare la vita con spensierata disinvoltura e, nella maggior parte dei casi, ci costringe a scelte non solo discutibili ma spesso fortemente limitanti.
Il senso di inferiorità nasce dalla combinazione di due malattie energetiche di base, quali il giudizio e l’attaccamento. Si esprime manifestando i propri errori del passato e aggrappandosi mentalmente a tutte quelle condizioni che possono raffigurare concretamente i nostri insuccessi per poterli così perpetuare nel tempo.
Il principale problema del senso di inferiorità è la manipolazione mentale che genera nel nostro profondo, di fronte alle scelte e alle persone. Dal punto di vista decisionale, essa non ci permette di operare liberamente e ci pone in secondo piano davanti alle situazioni ed agli eventi della vita. In breve, non ci fa rendere partecipi e protagonisti della nostra stessa esistenza. Le scelte saranno sempre timorose e sbiadite, inoltre cercheremo costantemente personalità più incisive da seguire come modello, così da voler sempre sembrare a qualcun altro, piuttosto che essere noi stessi.
Per quanto riguarda le persone che si relazionano con noi, imponiamo loro un ruolo che sarebbe meglio evitare, costringendole a porsi come superiori, come insegnanti o semplicemente come pilastri ai quali sorreggersi, sebbene senza alcun motivo valido. Il senso di superiorità che nasce in loro, pertanto, non viene generato da un inconscio delirio di onnipotenza, bensì dalla nostra necessità di mantenere un ruolo livellare ove questi si trovano sopra di noi nella scala gerarchica dei valori. L’importanza attribuita alle persone che ci circondano potrebbe essere rifiutata ma ciò comporterebbe non poche conseguenze negative. Queste persone, infatti, rifiutando il loro ruolo, ci autorizzano al giudizio e alla conseguente conclusione di delusione da parte nostra, che tante aspettative avevamo posto su di loro, mortificando ed amplificando lo stato di incapacità personale nelle scelte. È chiaro, quindi, che il senso di inferiorità provoca il conseguente senso di superiorità negli altri, ma, ancor peggio, richiama e stimola il loro senso di dipendenza, in quanto diverremo a tutti gli effetti appendici delle loro vite. Sarà per loro indispensabile dipendere dalla nostra inferiorità e mantenere i ruoli stabiliti se vorranno proseguire i rapporti con noi.
Come già detto, il senso di inferiorità trae origine dalla combinazione di giudizio e attaccamento, pertanto, le uniche cure possibili sono il perdono e il distacco. Perdonarsi gli errori del passato, e i propri insuccessi, e distaccarsi chiaramente da situazioni, costruite sulle gerarchie di valore, sono l’unico modo per ovviare e indebolire tale malattia energetica. Di norma, le condizioni umane che andremo a ricercare saranno delle vere e proprie prove, esami continuativi a discapito di chi incontra i nostri passi, togliendo, di conseguenza, importanza a qualsiasi rapporto umano o relazione affettiva potenzialmente possibile.
L’induzione a specchio del senso di dipendenza, dovuto al nostro insito senso di inferiorità, è forse il problema maggiore, in quanto provoca e stimola le malattie energetiche di rancore e abbandono negli altri, senza richiedere loro un personale e rispettoso permesso.





IL SENSO DI COLPA

È la malattia energetica più ambita in virtù degli aspetti apparentemente positivi che porta viziosamente in grembo. È fin troppo spesso enfatizzata ed elogiata negli spunti cinematografici, come punto di partenza per le grandi imprese e gli altrettanto fiabeschi amori perfetti del grande schermo. In realtà, è una malattia dalla quale diffidare intimamente e deve essere valutata con ponderata cautela, in quanto portatrice di squilibri interiori non indifferenti, con conseguenze distruttive e a volte incolmabili.
Il senso di colpa nasce dalla congiunta azione di due specifiche malattie energetiche, il giudizio insieme all’abbandono, le quali, cooperando assiduamente, provocano uno spirito lascivo e rassegnato, nonché abbattono volontariamente ogni qualsivoglia difesa personale per lasciare il passo ad un atteggiamento negativo, autodistruttivo e, successivamente, aggressivo e violentemente egoistico.
Questa malattia energetica complessa a due componenti, si esprime e si manifesta con una sincera e profonda convinzione, che ci costringe a pensare di essere la causa attiva del malessere comune di coloro i quali ci circondano. Una convinzione che pone l’accento sulla nostra cattiva fede quotidiana, che mette in risalto le nostre colpe come causa scatenante e che dimostra, nel nostro intimo, quanto di più negativo possiamo offrire di noi stessi, seppur senza volerlo. Tutto ciò, tuttavia, è a ben vedere improbabile e il più delle volte totalmente privo di fondamento.
Cercare un rimedio al senso di colpa è inutile, le sue radici provengono dal giudizio e dall’abbandono ed è lì che bisogna porre rimedio. Il perdono e la sincerità sono, pertanto, le uniche cure possibili, da seguire con massima attenzione anche nelle piccole cose di tutti i giorni, soprattutto quelle che potrebbero passare inosservate o prive di valore.
Il senso di colpa consiste sempre di due fasi ben distinte: la mancata attenzione e la riflessione concreta. La prima fase si manifesta con una necessaria disattenzione autoindotta, sebbene apparentemente involontaria, che ha lo scopo di generare eventi, azioni o reazioni tali da creare un danno a qualcosa o a qualcuno, mentre la seconda fase consiste dell’accorgersi dell’inspiegabile e imperdonabile mancanza personale e del considerarsi totalmente colpevoli, a volte raggiungendo limiti che possono sfiorare e oltrepassare la mortificazione ingiustificata.
Oltre al nostro malessere, lo scopo del senso di colpa, che ovviamente è creato dalla nostra mente, è di seminare e alimentare il vittimismo in chi si relaziona con noi. Questi, dopo una prima fase dove veniamo intensi come persone integre, giuste e democraticamente equilibrate, si indispongono considerevolmente nei nostri confronti stizziti dall’eccesso della nostra debolezza, fino a sentirsi effettivamente vittime di un sistema da noi finemente studiato allo scopo di generare in loro confessioni dettate e non significative. Quindi, una strategia autolesionista e velleitaria, nella sua assenza di difese, che induce gli altri a non affondare colpi nella nostra direzione, stressando mentalmente chiunque fino a farlo scaturire nel vittimismo più radicato. La nostra naturale e successiva reazione sarà rabbiosa e fortemente egoistica, in virtù del nostro precedente senso di equità fin troppo responsabile.
Di conseguenza, si può affermare che il senso di colpa trova sbocco dalla comune azione del giudizio e dell’abbandono e stimola, in chi ci sta di fronte, l’attaccamento e il rancore, provocandone la quasi immediata manifestazione.
Si ben comprende l’azione a specchio del senso di colpa e del vittimismo, intimamente legate, le quali collidono in un vortice, accuratamente celato, a fronte della nostra ignara inconsapevolezza.
Perdono e sincerità sono la via per togliere peso al senso di colpa e, al contempo, sgravare gli altri dall’onere del vittimismo indotto.





IL VITTIMISMO

È una malattia energetica che colpisce la maggior parte di noi, spesso ne siamo consapevoli, ma altre volte no. Risulta inoltre difficile riconoscere il confine tra vittimismo e giustificata lamentela, tanto differenti per forma quanto simili nell’aspetto. Sebbene offra conseguenze rilevanti, è una malattia energetica che di norma non viene considerata pericolosa, stabilendo come soluzione sufficiente una risposta di per sé simile all’ironia. Tuttavia, sarebbe consigliabile porre maggiore attenzione ed intervenire il prima possibile, onde evitare un duro prosieguo che potrebbe lasciare impronte ben più marcate.Il vittimismo nasce dalla congiunta azione di due malattie energetiche, quali l’attaccamento e il rancore, che combinate insieme manifestano tale forma complessa. Si esprime con una dirompente e profonda convinzione personale, che dona la certezza della propria condizione di parte lesa a fronte di eventi esterni.
Focalizzarsi sul vittimismo, per trovarne una soluzione ottimale, è totalmente inutile. Le sue radici sono indirette, quindi sparirà solamente dopo aver sradicato l’attaccamento e il rancore dalla nostra vita; quelli devono essere i principali bersagli. Pertanto, la cura necessaria è il distacco insieme alla fiducia, non esiste altro modo o via alternativa.
Il vittimismo si esprime in due forme differenti: diretto o indiretto.
Il vittimismo è diretto quando si manifesta immediatamente in risposta all’evento generante. A prescindere dall’entità e dalla vera natura del caso, ogni azione o reazione a cui assistiamo apparirà negativa e dannosa nei nostri confronti. Il vittimismo indiretto, invece, è una forma più complessa e più evoluta che consiste di una prima fase iniziale, dove si manifesta volontariamente una spiccata predisposizione a leggere ogni evento come positivo, quanto la capacità di interpretare la buona fede nelle altrui azioni o reazioni negative subite, ciò per scaturire poi, in una seconda fase, nella sua naturale forma diretta, amplificata e caratterizzata dal rinfacciare continuamente situazioni passate, inizialmente ignorate e non considerate volontarie.
Lo scopo principale del vittimismo è quello di generare il nostro malessere interiore, boicottando così una possibile presa di coscienza, e contemporaneamente fomentare il senso di colpa nelle persone che si relazionano con noi, stimolando, di conseguenza, il loro giudizio e abbandono.
Se riteniamo, pertanto, di soffrire di tale malattia energetica, è opportuno trattenere eventuali intenzioni negative e moderare le caratteristiche lamentele, operando, nel frattempo, sulle cure disponibili per l’attaccamento e il rancore, cioè distacco e fiducia.
Se, invece, ci troviamo di fronte a persone che mostrano chiari segnali di vittimismo, è necessario scoraggiare ogni sua forma ed evitare qualsivoglia atteggiamento di rinuncia, da parte nostra, a favore di un nostro conseguente senso di colpa, ingiustificato ed immotivato, nonché profondamente distruttivo.





L'ABBANDONO

La quarta tra le malattie energetiche è l’abbandono. Sebbene meno radicata e più visibile del rancore, questa malattia mostra notevole resistenza all’intimo confronto, in quanto viene spesso facilmente confusa e considerata come attaccamento. Pertanto, benché in realtà si appoggi su principi assai differenti e nonostante la sua semplicità di manifestazione, è sostanzialmente molto diffusa, boicottando le decisioni nella vita di parecchie persone.
L’abbandono può essere espresso e vissuto nei confronti del proprio partner, dei genitori o dei figli, sia in forma attiva, dove siamo noi che abbandoniamo qualcuno, sia in forma passiva, dove noi ne siamo le vittime. Ciò comporta un atteggiamento quotidiano influenzato dalla paura dell’essere abbandonati o dell’abbandonare, così da provocare scelte di vita, di dialogo o sentimentali fortemente condizionate, allo scopo di evitare l’incorrere di una simile condizione. È abbastanza ovvio come possa essere facilmente considerata attaccamento, benché non lo sia affatto.
La principale differenza tra l’attaccamento e l’abbandono riguarda l’atteggiamento e il comportamento nella fase immediatamente successiva al verificarsi di un evento generatore. Per fare un esempio che possa rendere più semplice la comprensione, si può porre attenzione ad un caso classico: una donna, o uomo che sia, che si impegna affinché una persona si invaghisca di lei, o di lui, può soffrire dell’attaccamento che verrà espresso in termini pratici durante la realizzazione dello scopo ma successivamente, appena ottenuto il risultato desiderato, l’interesse andrà ad affievolirsi fino a cadere nell’ombra; nel caso dell’abbandono, invece, una volta raggiunto lo scopo l’atteggiamento sarà totalmente differente, tanto che l’interesse anziché affievolirsi si incrementerà notevolmente e risulterà difficile qualsiasi tipologia di allontanamento o distacco, sia da parte sua che dell’altro, o altra. C’è da dire, inoltre, che di norma chi soffre dell’attaccamento ricerca continuamente nuove situazioni a cui attaccarsi, vivendo con dolore la mancanza del possedere, mentre chi è vittima dell’abbandono è di base restio allo stimolo di nuovi possessi, ciò propriamente dovuto al malessere che si radicherebbe all’eventuale realizzazione del desiderio. L’attaccamento, pertanto, provoca dolore nella fase prima della realizzazione del desiderio, mentre l’abbandono ci rende la vita difficile nella fase che inizia con la realizzazione del desiderio stesso.
Alla luce di quanto detto, è importante peraltro essere coscienti che l’abbandono non riguarda solo eventuali partner, genitori o figli, ma trova sbocchi ben più gravi, pesanti e meno visibili anche nelle amicizie, negli oggetti che ci appartengono, nelle situazioni e in ogni condizione che possa donarci un piacere ma che mostri la prospettiva che possa avere un termine.
È opportuno, quindi, verificare i casi con particolare attenzione, ben concentrati su sé stessi e sulle proprie reazioni emozionali, proprio per evitare inutili confusioni che farebbero peggiorare il nostro stato d’animo e ci impedirebbero la nostra naturale presa di coscienza.
Come per le malattie energetiche precedenti, anche in questo caso il fisico potrebbe essere colpito da qualche somatizzazione. Nel caso specifico dell’abbandono, appunto, la ghiandola referente è il timo, mentre le patologie e i disturbi si possono verificare nei polmoni, nel cuore, nelle braccia e nelle mani, anche a distanza di tempo; un caso molto classico, immediato e parecchio diffuso, sono le mani perennemente fredde e arrossate.
L’unica cura possibile per questa malattia energetica è la sincerità, intesa come modello nella propria vita e nelle situazioni che incontriamo o ci appartengono. Evitare di proporre, o subire, eventuali bugie è una via sufficientemente semplice e immediatamente produttiva, come soprattutto smettere di raccontare a sé stessi pantomime inesistenti e prive di significato, quantomeno nocive e totalmente distanti dalla verità esistente che ci circonda. È bene, quindi, essere coscienti che il distacco è una normale situazione di vita e non ha alcun nesso comune con il mentale abbandono.





IL GIUDIZIO

La terza tra le malattie energetiche è il giudizio. Per certi versi è di sicuro la più facile da rilevare e non oppone particolare resistenza ad una eventuale analisi, ma, sebbene semplice da scovare, rimane comunque piuttosto complessa e radicata, legata a molteplici forme di manifestazione che si esprimono in altrettante situazioni completamente diverse tra loro.
Il giudizio è di sicuro la malattia energetica più diffusa che di norma ci accompagna già dai primi anni di vita e ci viene programmata inconsciamente o volontariamente dalla famiglia, dalle istituzioni, dalla società e da ogni genere di attività che in qualche modo possa influenzarci.
La forma più comune e semplice da trovare è il giudizio nei confronti delle altre persone, ad esempio amici, colleghi, parenti, come anche nei confronti di passanti e sconosciuti. Inoltre, ancor più prepotente è il giudizio verso sé stessi, il quale, se tanto più forte e radicato, genera il pregiudizio verso il mondo esterno.
È importante, però, non confondersi e non credere che questa sia la sua unica forma espressiva. Il giudizio, infatti, trova nido anche in altre situazioni molto meno immediate, come ad esempio la scelta dei vestiti da comprare o da indossare, nell’invidia o nella gelosia verso altre persone più o meno a noi vicine, nell’insicurezza e nel dubbio di fronte alle scelte e agli eventi che insinuano la nostra vita, nella scelta del partner, nel valutare la nostra vita e la nostra condizione quotidiana simile, oppure opposta, a quella che ci viene imposta dai media che istintivamente e mentalmente governano ogni nostra azione, negli atteggiamenti e comportamenti che assumiamo come ideali per partito preso, sebbene senza mai aver eseguito una vera e propria analisi per valutare la validità o veridicità della loro natura, nelle spropositate regole che imponiamo e che regolarmente non possono essere rispettate. Questi, ovviamente, sono solo gli esempi più comuni e maggiormente diffusi, ma ci sono tantissime altre forme espressive che dovrebbero essere prese in considerazione, scendendo nella profondità della loro origine.
Come nel caso dell’attaccamento e del rancore, anche il giudizio è una malattia energetica che provoca manifestazioni patologiche e disequilibri a livello fisico. In questo caso si possono riscontrare problematiche che riguardano la ghiandola del pancreas, anche a distanza di tempo; appartengono al giudizio tutti i disturbi legati al sistema digestivo, al fegato, alla milza, allo stomaco e all’intestino tenue. Pertanto, in presenza di tali disfunzioni, possiamo avere la certezza di essere di fronte alla manifestazione del giudizio insito in noi.
L’unica cura possibile è il perdono. Il giudizio infatti trae origine da errori, sbagli o provocazioni del passato che non abbiamo perdonato o che non ci siamo perdonati. Eseguire un percorso a ritroso nella propria vita, navigando con distacco tra i ricordi più offuscati e nascosti che ci appartengono, consente di esaminare quelle situazioni ed eventi scatenanti che non abbiamo ancora risolto e che hanno fatto scaturire la forma del giudizio nelle sue espressioni. Il nostro passato è zeppo di tali situazioni, comportamenti e atteggiamenti, tanto da passare quasi inosservate, come fossero normali. Ebbene, è proprio su queste che si rende necessario concentrarsi e perdonare, oppure perdonarci, eventuali dolori provocati volontariamente o involontariamente.
Infine, concludo dicendo che il giudizio ci toglie la possibilità di scegliere e di vivere in armonia con tutto ciò che ci circonda. È una malattia generata dalla mente per farci sentire piccoli e soli, mentre agli occhi del mondo ci mostriamo forti e sicuri, allontanandoci ancor più da chi ci può sostenere ed aiutare.
La conseguenza del giudizio, infatti, è la solitudine, cioè il primordiale fallimento.





IL RANCORE

La seconda tra le malattie energetiche è il rancore. Tale condizione ci assedia dalle viscere del nostro essere, ci attanaglia continuamente e ci offre una visione distorta degli eventi che fanno parte della nostra vita. È una malattia sfuggente, difficile da interpretare e ben nascosta dietro il pesante recinto delle giustificazioni.
Il rancore è quello stato d’animo che ci accompagna continuamente come forma ostile, davanti ad ogni situazione o azione, nostra o altrui. Ci rende negativi, nervosi, irascibili, sebbene, a ben vedere, senza alcun motivo. Il pessimismo e la diffidenza ne fanno parte e ne rappresentano le due forme fondamentali, ma anche la persistente fretta quotidiana e il pregiudizio, quest’ultimo come forma ibrida tra rancore e giudizio mescolati fra loro. Oltre alla premura, appartiene al rancore anche il dubbio, nonostante sarebbe meglio parlare di principale effetto, piuttosto che di appartenenza vera e propria.
Il rancore è come l’acqua, ci logora da dentro, costantemente, giorno dopo giorno, senza darci nemmeno la facoltà di accorgersi della corrosione interiore. Tanto lentamente, quanto inesorabilmente, si pospone tra noi e gli eventi, colorandoli di colori grigi, pesanti, negativi, fino al punto di rendere quasi non necessari gli eventi stessi, in quanto già negativamente vissuti nella nostra mente.
Il rancore è l’indisponenza di fondo che ci caratterizza, quello sguardo ostile che offriamo a chi ci contraddice prima ancora che lo faccia, ma è allo stesso modo il dare più valore e importanza agli aspetti negativi rispetto ai pari positivi, presupporre che ogni nostra azione dannosa sia giustificata dalla negativa volontarietà nelle azioni altrui, quelle passate o quelle sicuramente future.
In quanto malattia energetica, il rancore provoca lo sviluppo di scompensi fisici che si possono riscontrare nelle ovaie o nei testicoli, a livello ghiandolare, e tutte le disfunzioni o patologie che colpiscono il ventre, i reni, il fegato, il sistema riproduttivo, il sistema circolatorio e la vescica.
L’unica cura possibile per tale malattia energetica è la fiducia. Riprendere fiducia in sé stessi e negli altri è quantomeno importante e di basilare necessità, ovviamente non senza porre la giusta attenzione, volta per volta. Il pregiudizio, già di per sé, compromette la fiducia e non promuove alcun genere di unione, se non per goderne del successivo e preordinato fallimento. Il rancore, infatti, si autoalimenta obbligandoci a relazioni inutili, pericolose e destinate al termine, così da poter potenziare la morsa sulle nostre convinzioni.
Si può concludere dicendo che il rancore, a differenza di altri casi, non ci toglie alcuna possibilità di scelta, semplicemente influenza le nostre decisioni che, per partito preso, saranno sempre le più negative e controproducenti.
Di norma, è una malattia che vive incontrastata all’ombra di un’altra, o di altre, proteggendola da un nostro eventuale tentativo di presa di coscienza. È per questo motivo che si rende necessaria una profonda ribellione verso il rancore, in quanto rappresenta il nemico più difficile da raggiungere, ben celato nell’oblio dei nostri errori e dei fallimenti personali, che toglie la voglia e la sicurezza in noi stessi per il nostro miglioramento interiore. È l’arma vincente della mente. Necessita di tenacia e perseveranza.






L'ATTACCAMENTO

La prima tra le malattie energetiche è sicuramente l’attaccamento. Tale malattia ci condiziona la vita in ogni momento, generando l’estremo bisogno dell’avere. La necessità costante e impellente di comprare e ottenere pregiudica le nostre azioni, che divengono, così, involontariamente ossessive e fuori da ogni possibilità di controllo da parte nostra.
L’attaccamento nasce dalle forme di rinuncia e repressione restrittiva del desiderio, di norma avvenute nel nostro passato soprattutto da bambini. Tale condizione provoca una sempre maggiore inclinazione al possedere che negli anni successivi si fa via via più incalzante. L’attaccamento rappresenta il possesso e da esso viene soddisfatto, quindi non ha nulla a che vedere con l’utilizzo o l’utilità, bensì si tratta di un mero ottenere e avere, anche se disinteressato e immotivato.
L’estremo desiderio di shopping, sia al maschile che al femminile, è certamente l’indicatore principale, così come il cambiare partner di frequente, la noia e l’apatia quasi fastidiose nelle faccende abituali, nello studio o nel lavoro, la gelosia nei confronti di persone di cui non siamo realmente interessati, l’invidia per chi ha qualcosa o qualcunoche noi non possediamo, anche se in verità sappiamo bene non essere così importante per noi, sono tutti sintomi dell’attaccamento. Si può aggiungere anche la necessità interiore di primeggiare e di essere considerati per quel che si fa piuttosto che per quel che si è, caso forse ancor più frequente.
A parte l’aspetto fastidioso che potrebbe provocare in chi ci sta di fronte, non ci sarebbero particolari problematiche di sorta, purtroppo, però, questa malattia energetica, al pari delle altre, viene somatizzata dal corpo così da provocare nel campo fisico degli scompensi più o meno gravi. L’attaccamento viene esteriorizzato nel corpo con disfunzioni legate alle ghiandole surrenali, inoltre può provocare malanni, dolori o patologie riguardanti le gambe, i piedi, le ossa in generale e l’intestino crasso. Ogni squilibrio o disfunzione in tali organi è la conseguenza dell’attivazione dell’attaccamento.
L’unica cura energetica possibile è il distacco. Per distacco si intende la comprensione cosciente dell’inutilità di quanto si vuole ottenere e della conseguente condizione di breve soddisfazione, priva di qualsiasi necessità.
Ciò non significa che è indispensabile rinunciare, anzi è quantomeno importante evitare ulteriori rinunce e restrizioni repressive, proprio per evitare di sovraccaricare e amplificare la malattia stessa. Piuttosto è bene essere coscienti della condizione di attaccamento, rendersi consapevoli della situazione e dall’azione che percepiamo espandersi dentro di noi come un bisogno impellente, e successivamente fare la scelta che più sentiamo positiva, cioè ottenere per trovare il distacco in un secondo momento, nel caso l’attaccamento abbia mantenuto la sua morsa, oppure distaccarsi fin da subito, evitando l’azione stessa, ma in questo caso deve essere una scelta per cessazione del bisogno e non certo per rinuncia.
L’attaccamento ha radici profonde, si rende, pertanto, necessario un lavoro a lunga gittata per poter annullarne gli effetti, dovuti a molti anni di rinunce e condizionamenti derivanti da un sistema che ci assedia continuamente, ogni giorno con esempi sempre più convincenti e a volte anche fin troppo difficili da scoprire. Con pazienza, costanza, presenza e un po’ di attenzione, piano piano si possono ottenere risultati eccezionali, anche insperati, e, a livello fisico, vi accorgerete di come le patologie andranno via via scomparendo senza alcuna privazione.





Tratto da: Diario di una ragazza indaco di Michela Marini
Fonti: http://ragazzaindaco.blogspot.it/2014/08/l...onda-parte.html
www.sophiaalchemica.com/

Edited by *La Guerriera della Luce - 26/5/2016, 01:36
 
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