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Differenze tra Cattolici e Ortodossi

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Mario P68
view post Posted on 15/2/2016, 18:45     +3   +1   -1




Cattolici e Ortodossi,per chi non lo sapesse,sono entrambi cristiani e fondano la loro religione su Gesù. A seguito dello scisma del 1054 (che qui sarebbe luno spiegare storicamente) in Occidente vi è il Papa e la Chiesa Cattolica Romana,in Oriente vi sono i Patriarchi e le Chiese Ortodosse (tra loro indipendenti)
Tuttavia le differenze sono notevoli.
Per motivi di spazio ho dovuto tagliare una parte.
Ho segnato in rosso le parti più importanti (almeno secondo me)
Lo scritto è di parte, in quanto proviene da preti ortodossi,ma sulla rete da fonti cattoliche le descrizioni sono così sintetiche che le differenze non si comprendono.
Buona Lettura



Fonte: spazioinwind.libero.it/sanmassimo_decaita/testi/.../99%20differenze.html



99 DIFFERENZE TRA L'ORTODOSSIA
E IL CATTOLICESIMO ROMANO



INDICE DEGLI ARGOMENTI:
Introduzione
Adorazione eucaristica
Agostino di Ippona e la sua teologia
Apparizioni mariane
Assunzione di Maria
Bacio rituale
Banchi e sedie
Battesimo
Battesimo d'emergenza
Calendario
Canoni
Canonizzazioni
"Cattolica": il senso del termine
Carattere sacramentale
Cesaropapismo
Chiesa docente e discente
Chiese sorelle
Clero sposato
Comunione chiusa
Comunione sotto le due specie
Concili di riunione
Concilio ecumenico: quali requisiti?
Confessione
Decanonizzazioni
Devozione al Sacro Cuore
Devozioni medioevali
Diaconato permanente
Diaconesse
Digiuno e astinenza
Digiuno eucaristico
Diritto canonico
Divorzio e secondo matrimonio
"Due polmoni"
Durata della Liturgia
Epiclesi eucaristica
Espiazione vicaria
Essenza ed Energie
Fede e ragione
Festività alterate
Filioque
Funzioni cantate
Funzioni "speciali"
Giuridismo
Icone e sculture
Immacolata Concezione
Infallibilità papale
"In Persona Christi"
Libri liturgici
Lingua vernacolare
Liturgia
Liturgia"ortodossa" o "bizantina"?
Massoneria e fede cristiana
Meditazione
Ministri Straordinari dell'Eucaristia
Ministro della Cresima
Ministro del Matrimonio
Missione
Movimento carismatico
Musica ecclesiastica e strumenti
Numero dei Sacramenti
Ordini cavallereschi
Ordini Maggiori
Ordini religiosi e monachesimo
Pane eucaristico
Padri della Chiesa
"Papa": un titolo non esclusivo
Pasqua e le altre festività
Peccato e caduta dell'uomo
Periodi di digiuno
"Per molti", o "per tutti"?
Pneumatologia
Precetto festivo
Preparazione alla Santa Comunione
Primato di giurisdizione universale
Professione monastica
Purgatorio
Quarto matrimonio
Rasatura e tonsura del clero
Ricezione dei convertiti
Riunione dei cristiani
Roma antica e moderna
Rosario
Sacramenti di iniziazione
Saluto di pace
Scioglimento del matrimonio
Scolastica
Sedi apostoliche
Segno della croce
Senso del mistero
Sviluppo dogmatico
Teologia
Titoli papali
Transustanziazione
Uniatismo sugli altari
Unicità della Liturgia
Unità e uniformità
Unzione degli infermi
Validità dei sacramenti
Venerazione delle icone
Vetrate istoriate
Conclusioni
Crediti e ringraziamenti



Introduzione
Nella nostra qualità di ortodossi italiani, ci siamo sentiti proporre più di una volta la domanda "ma in che cos'è che siete differenti dai cattolici?"
Trattandosi di una domanda piuttosto generalizzata, talvolta ce la siamo sentita porre per mera curiosità, senza un reale desiderio di comprensione. Ma spesso, dietro questa richiesta apparentemente banale, si cela un cammino di ricerca e di vero struggimento interiore, alla scoperta di un cristianesimo più autentico e profondo.
Poiché è nostra convinzione che il cristianesimo più autentico si trovi proprio nella Chiesa ortodossa, abbiamo creduto opportuno fare alcuni cenni scritti sulle differenze tra questa e il Cattolicesimo romano. Abbiamo cercato, per quanto possibile, di presentare i fatti dei punti di divergenza, e quindi le loro interpretazioni (teologiche, liturgiche, pastorali).
Confidiamo che queste pagine siano utili soprattutto a tre categorie di persone:
- I sinceri ricercatori della verità, che di fronte alla tirannia del relativismo del nostro tempo, non sanno più in cosa credono, o che si chiedono se credere abbia ancora un senso.
- I nostri amici cattolici romani, spesso convinti (e in questo presumiamo sempre la buona fede) che le nostre due espressioni di fede siano "pressoché uguali". A loro chiediamo, in tutta onestà, di riflettere con attenzione su questi punti. Se certe nostre affermazioni sembreranno loro troppo dure, non chiediamo di meglio che sapere le loro ragioni. È in questo modo che nasce ogni autentico dialogo.
- I nostri fratelli ortodossi, perché (anche qualora non apprezzassero la nostra impostazione) si sentano incoraggiati a scavare alle radici della propria fede. Nella speranza che questo nostro piccolo sforzo possa aiutarli a riscoprire i tesori della loro tradizione, chiediamo loro di pregare per noi peccatori e indegni.
Alcune delle differenze che qui elenchiamo sono di natura teologica e dogmatica, e toccano i principi stessi della fede cristiana, altre sono dovute a usanze locali o a situazioni storiche contingenti; alcune possono essere espressioni di una legittima varietà all'interno dell'aderenza ai punti essenziali della fede; alcune differenze potrebbero forse essere scartate come irrilevanti, ma noi non ci permettiamo di farlo, proprio per uno dei principi basilari dell'Ortodossia: la ferma convinzione che la Fede Ortodossa altro non sia che la pienezza della fede e della tradizione apostolica, conservata con cura nel corso dei secoli, alla quale nulla è stato aggiunto, e nulla è stato tolto. E' pur sempre possibile che vi siano particolari contingenti, sfumature dovute a particolarità locali o a compromessi marginali con il mondo, il cui abbandono non pregiudica la tradizione ortodossa, ma noi non oseremmo mai determinare da noi stessi quel che è necessario e quello che non lo è. L'Ortodossia è nella sua essenza una comunione di amore, e la determinazione degli aspetti necessari o contingenti deve essere espressione di questa comunione, e non può essere demandata all'arbitrio dei singoli.
Non abbiamo ritenuto opportuno dare alle differenze tra Ortodossia e Cattolicesimo romano un ordine gerarchico (per le ragioni elencate sopra), né disporle in modo sistematico (in quanto alcune differenze di carattere, per esempio, liturgico o terminologico, nascondono dietro di loro ragioni ben diverse di carattere teologico o filosofico). Ci siamo pertanto attenuti, anche per favorire la ricerca di punti specifici, all'ordine alfabetico delle varie voci. Abbiamo posto il termine "Ortodossia" in maiuscolo quando si riferisce alla Chiesa ortodossa, in minuscolo quando è riferito alla conformità di una dottrina all'insegnamento della Chiesa. Allo stesso modo, "Cattolicesimo" è stato posto in maiuscolo laddove definisce la Chiesa cattolica romana.
----- ALCUNE DIFFERENZE -----
Adorazione eucaristica
Nel culto ortodosso, non vi sono funzioni di adorazione pubblica del Santissimo Sacramento, né esiste l'equivalente della esposizione e della benedizione eucaristica cattolica romana. Nel corso della Divina Liturgia, dopo la comunione dei fedeli, è ora invalso l'uso (mai codificato in alcuna rubrica scritta) che il prete benedica il popolo con il Santissimo Sacramento, ma questo gesto (che è di fatto l'equivalente della benedizione eucaristica romana, e la cui introduzione tardiva può far pensare a un "latinismo") non viene mai compiuto al di fuori del momento della comunione.
Non esistono divieti espliciti a usare i Santi Doni per benedire i fedeli, ma l'Ortodossia non avverte questo genere di bisogno, sia per il proprio tradizionale senso di riservatezza e di avversione per le forme di ostentazione del mistero, sia per un'adesione più intensa alla finalità del Corpo e del Sangue di Cristo come nutrimento ("prendete e mangiate").
Una ragione complementare della riluttanza degli ortodossi ad accettare queste forme rituali si potrebbe vedere nella separazione delle specie eucaristiche, poiché nella prassi cattolica romana solo il Corpo viene utilizzato per l'adorazione e la benedizione.
Agostino di Ippona e la sua teologia
Pur non avendo obiezioni sulla santità personale di Agostino di Ippona, sulla sincerità della sua conversione e sulla ricchezza umana e profondità del suo impegno per Cristo, l'Ortodossia ritiene le sue conclusioni teologiche per lo meno potenzialmente fuorvianti e pericolose.
Questa è la ragione per cui numerose chiese ortodosse preferiscono usare il termine "Beato Agostino", escludendolo dal novero dei santi universali, pur ponendolo tra i giusti, anche per l'umiltà di avere affidato alla Chiesa il compito di correggere gli errori riscontrati nei suoi scritti.
La posizione delle singole chiese ortodosse nei confronti di Sant'Agostino non è univoca (curiosamente, furono proprio i grandi difensori della fede ortodossa, come San Fozio e San Marco di Efeso, a tenerlo in maggiore stima e venerazione), ma certamente l'Ortodossia non lo pone tra i maggiori Padri della Chiesa, men che meno al primo posto, come la Chiesa cattolica romana ha sempre tendenzialmente fatto.
Questo non è il luogo per un'analisi delle possibili deviazioni della teologia agostiniana, ma possiamo brevemente elencare i punti che l'Ortodossia ha ritenuto più pericolosi:
1) una diminuzione dell'enfasi sull'aspetto personale della Santissima Trinità, che riduce le persone a semplici "relazioni" dell'unica essenza divina;
2) l'adozione di una concezione pessimistica sul peccato originale;
3) una tensione esagerata nella dialettica tra natura e grazia.
Il primo punto è stato tra le cause della nascita di concezioni impersonali della divinità (deismo); gli altri due sono alla base della lungaquerelle tra Cattolicesimo romano e mondo protestante.
Apparizioni mariane
Le apparizioni mariane nel mondo ortodosso (ricordiamo la visione nella Chiesa delle Blacherne a Costantinopoli, che generò la festa della Santa Protezione, e gli innumerevoli episodi collegati alle icone mariane) sembrano indicare un'azione di custodia amorevole e silenziosa, del tutto conforme all'immagine di Maria offertaci nei Vangeli. Questo potrebbe spiegare la diffidenza con cui la coscienza ecclesiale ortodossa valuta le apparizioni mariane che la Chiesa cattolica romana ha autenticato nel corso degli ultimi due secoli.
La quantità di messaggi e "segreti", rivelati a veggenti per lo più in età tenera e impressionabile, è di per sé sospetta per la sensibilità ortodossa, così come alcuni contenuti teologici. Un esempio tra questi ultimi è il tema delle preghiere e sofferenze "riparatrici," di cui spesso si parla in tali visioni. Una simile prospettiva, nell'ottica ortodossa, denigra l'idea dell'offerta del nostro Signore per noi con il suggerimento che la nostra sofferenza supplisca in qualche modo per gli altri ciò che manca nella sua offerta di Se stesso. Qui siamo molto vicini alla delusione blasfema di pensare che noi possiamo salvare gli altri con le nostre preghiere e sofferenze, mettendoci in tal modo al posto di Cristo. San Pietro di Damasco esprime la comprensione ortodossa quando dice: "noi non osiamo chiedere l'intercessione a nome di tutti, ma solo per i nostri peccati."
Assunzione di Maria
Il 1 Novembre 1950, con la Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus, Papa Pio XII proclamava il dogma dell'Assunzione corporea al cielo della Madre di Dio. Anche se la Chiesa ortodossa festeggia fin dal IV secolo la festa della Dormizione della Madre di Dio (e l'assenza di reliquie corporali di Maria fa pensare che tale festa fosse giustificata anche in data precedente), con abbondanza di apocrifi neotestamentari, di letteratura patristica e di testi liturgici a riguardo, tuttavia ci sono delle ragioni per una riserva ortodossa riguardo alla formulazione del dogma.
In primo luogo, la festa della Dormizione mette in esplicito collegamento l'assunzione corporale con la morte della Madre di Dio (secondo le narrazioni apocrife, fu proprio la scomparsa del corpo di Maria dal sepolcro dopo la sua sepoltura a generare la venerazione di questo evento): il dogma cattolico romano non definisce la morte di Maria, e l'opera preparatoria del dogma, La mort et l'assomption de la Vierge Marie, di P. Martin Jugie, mette addirittura in dubbio tale morte.
Inoltre, per la teologia ortodossa, l'Assunzione di Maria al cielo fu il frutto della sua maternità divina e della risurrezione di Cristo; la formulazione del dogma del 1950, invece, fa derivare l'Assunzione direttamente dall'Immacolata concezione di Maria (q.v.), per la quale si sollevano nuovamente le obiezioni teologiche ortodosse a riguardo.
Infine, si contesta la proclamazione di un dogma a fronte dell'assenza di una specifica eresia che, al tempo della proclamazione, minacciasse la fede della Chiesa: l'Ortodossia non ha mai conosciuto dogmi proclamati al puro scopo di "chiarire" aspetti dottrinali.
Bacio rituale
L'espressione corporea del bacio, oggi limitata nel rito latino a rari gesti dei celebranti, è un'esternazione di pietà tipica del culto ortodosso, che indica venerazione, rispetto e senso di comunione. Entrando in chiesa, i fedeli baciano le icone, e durante le funzioni è pratica comune baciare la mano dei celebranti (a significare la mano di Cristo da cui si riceve ogni grazia sacramentale), o altri oggetti, quali i paramenti, la croce e il libro dei Vangeli (ragioni esclusivamente pratiche sconsigliano di baciare il turibolo acceso...); il saluto di pace tra i celebranti avviene tipicamente nella forma del bacio, così come la venerazione delle reliquie.
Banchi e sedie
Uno dei particolari che si notano più facilmente entrando nelle chiese ortodosse è la relativa assenza di posti a sedere. Solo le chiese adattate da precedenti luoghi di culto cattolici e protestanti hanno abbondanza di banchi e sedie; nelle altre si trovano abitualmente dei sedili lungo le pareti, riservati alle persone anziane o inferme. Nella tradizione ortodossa, i fedeli stanno in piedi praticamente per tutta la durata delle funzioni (un'abilità che si raggiunge con la pratica), e sono poche le preghiere o i momenti di culto per le quali è prescritto ai fedeli di sedersi o inginocchiarsi. In realtà, capita spesso di trovare un'avversione tipicamente ortodossa per i sedili posti in mezzo alla navata (soprattutto i banchi con inginocchiatoi), che vengono visti come un impedimento al culto (che rende impossibili, per esempio, le prosternazioni e altre espressioni individuali di pietà), un irrigidimento del ruolo del fedele, e una limitazione alla sua connessione e relazione con l'ambiente e il concetto spaziale di "Cielo sulla terra".
Battesimo
La Chiesa ortodossa continua ad amministrare, secondo il costume apostolico, il battesimo mediante triplice immersione del corpo del battezzando. Già uno dei più antichi testi di istruzione cristiana, la Didaché, ammette in caso di necessità l'amministrazione del battesimo mediante il triplice rovesciamento di acqua ("infusione") sul capo. Questo atto di eccezione (che nei primi secoli veniva usato solo nei confronti di malati gravi e di prigionieri nelle celle) divenne la norma nelle chiese cattoliche di rito romano in tempo medioevale. Così venne stravolto non solo il senso dello stesso termine "battesimo" (in greco baptìzein significa immergere), ma anche il suo senso simbolico di immersione nel Nome (realtà) delle Persone della Santa Trinità, e della rinascita, o emersione, alla vita nuova. Quando il segno esteriore non è più corrispondente al significato interiore, gran parte della comprensione dell'atto sacramentale viene perduta.
Battesimo d'emergenza
Nei casi in cui si deve procedere a un battesimo di emergenza (in assenza di un sacerdote) la persona del battezzante, secondo i teologi cattolici romani, può anche essere un non cristiano, purché amministri il battesimo secondo le modalità e l'intenzione della Chiesa. L'Ortodossia, al contrario, ha sempre sostenuto che il battezzante deve essere a sua volta battezzato. Il principio è quello che non si può dare ciò che non si possiede: la posizione cattolica romana, portata alle sue estreme conseguenze, rischia di far dipendere un sacramento dal puro requisito formale della sua corretta applicazione.
Calendario
La maggioranza numerica degli ortodossi nel mondo (Russia, Bielorussia, Ucraina, Georgia, Serbia, il Monte Athos, Gerusalemme e il Monte Sinai, con le numerose dipendenze di questi ultimi tre, oltre a una consistente parte degli ortodossi polacchi, cechi, slovacchi e dei Paesi Baltici, e molte comunità della diaspora) segue ancora il tradizionale calendario giuliano per il computo delle feste, in ritardo di circa due settimane rispetto al calendario civile. Le altre chiese ortodosse autocefale, a partire dal 1924, hanno introdotto il calendario gregoriano (lo stesso in uso nell'Occidente cristiano), per quanto riguarda il ciclo delle festività a data fissa. Con poche eccezioni dovute alla presenza ortodossa in paesi occidentali, tutte le Chiese ortodosse celebrano invece il ciclo della Pasqua, e delle feste mobili a questa connesse, secondo l'antico calendario.
Le ragioni dell'aderenza al vecchio calendario - che hanno procurato in questi ultimi decenni non poche amarezze tra gli stessi ortodossi - sono molteplici:
1) in primo luogo, il calendario giuliano ecclesiastico, e i cicli pasquali dei Padri della Chiesa di Alessandria, costituiscono un prodigio di ritmo e di armonia tra scienza e fede, a cui il calendario gregoriano (frutto di un'epoca di ossessione "scientista" per l'esattezza della data astronomica dell'equinozio di primavera) non riesce neppure ad avvicinarsi.
2) Inoltre, le "imprecisioni" astronomiche che la riforma gregoriana si vanta di avere eliminato sono state meramente attenuate, e i dati del calendario gregoriano, per i difetti dovuti a qualsiasi calendario, vanno anch'essi discostandosi sempre più dai dati reali.
3) Infine, l'adozione del calendario gregoriano causa innumerevoli violazioni alle norme della Chiesa, prima fra tutte quella che, rifacendosi a un decreto del Concilio di Nicea (325) proibisce la celebrazione della Pasqua nello stesso giorno della Pasqua ebraica.
Con l'adozione del calendario gregoriano nel 1582, la Chiesa cattolica romana ruppe per la prima volta l'unità della Pasqua e delle feste cristiane. Oggi è quanto meno singolare vedere la maggioranza degli ortodossi accusati di "arretratezza" o di mancanza di spirito fraterno, per avere voluto mantenere, nella vita della Chiesa, l'integrità del deposito di fede dei Padri.
Canoni
I Santi Canoni, composti come guide o regole della Chiesa dagli apostoli, dai Santi Padri, e da Concili ecumenici e locali, sono applicati nella Chiesa ortodossa dall'autorità del vescovo, che ha l'opzione di interpretarli secondo una posizione severa (acrivìa) oppure misericordiosa (economia) a seconda dei casi (la severità è la norma). L'Ortodossia non vede i canoni come leggi che regolano le relazioni umane o che salvaguardano diritti umani, ma piuttosto come mezzi per forgiare la "nuova creatura" attraverso l'obbedienza. Sono addestramento alla virtù, e fonte di santità, ed è per questo che nella Chiesa ortodossa non possono essere ignorati o scartati, anche se alcuni (generalmente delle semplici specificazioni di canoni antichi) possono essere aggiunti di tanto in tanto. Roma può permettersi, a ogni cambiamento di circostanze esterne, di mutare i propri canoni per tenerli al passo con i tempi, e di ignorare quelli antichi. L'Ortodossia, ritenendo i canoni ispirati dallo Spirito Santo, e consapevole dell'immutabilità dei veri problemi e necessità umane, non può condividere questa linea.
Canonizzazioni
La Chiesa ortodossa non ha più inserito nei suoi calendari i santi canonizzati dalla Chiesa cattolica romana dopo il grande scisma del 1054, mentre mantiene i santi anteriori a questa data. Anche con l'accettazione in seno alla Chiesa ortodossa di cristiani occidentali, non è stata loro permessa la venerazione pubblica di santi "latini" posteriori allo scisma. La Chiesa cattolica romana, al contrario, ha permesso la venerazione di santi "greci" canonizzati dagli ortodossi dopo lo scisma, tipicamente nei casi delle Chiese cattoliche orientali.
Dietro la severità della procedura ortodossa c'è un'istanza di profonda serietà: il rifiuto di "rubare" santi a chiese che non sono in comunione con la Chiesa ortodossa (anche figure che maggiormente potrebbero essere vicine alla spiritualità ortodossa) è motivato dal desiderio ortodosso di cercare in primo luogo una piena comunione nella fede, e solo a quel momento sancire una celebrazione comune.
"Cattolica": il senso del termine
La differenza di nome ("Chiesa cattolica" e "Chiesa ortodossa") non deve far pensare a marchi depositati. Gli stessi ortodossi, spesso, si definiscono "Chiesa Cattolica Ortodossa" o "Chiesa Cattolica Ortodossa dell'Est". La coscienza ecclesiale ortodossa rifiuta un'identificazione tra "cattolicesimo" e "sede romana" come se questi termini fossero indispensabilmente legati l'uno all'altro.
Nel definirsi "cattolici", gli ortodossi usano il termine nella radicale convinzione di essere la Chiesa "una, santa, cattolica e apostolica", in cui professano la fede quando recitano il Credo.
"Cattolica", com'è noto, viene di solito tradotto in italiano con la parola universale, ma esistono sfumature di significato che rendono il termine più profondo e ricco di quanto sembri a prima vista. Il greco katholikà (che letteralmente significa "secondo il tutto") può significare anche una "universalità interiore" (nel senso di globalità che contiene tutta la verità nella sua pienezza) oppure un principio di conciliarità o sinfonicità di Chiese locali (espresso con forza dalla traduzione slava sobòrnaia). Una universalità vista nel puro senso di disseminazione geografica, di notorietà mondiale, o di superiorità numerica (argomenti spesso usati dalla Chiesa romana per avallare la propria posizione) ha poco senso per l'Ortodossia, se non è accompagnata da una "cattolicità" di fede inalterata.
Il fatto stesso che il mondo latino, pur sottolineando i significati "quantitativi" di universalità, abbia preferito usare per la Chiesa il termine greco catholica piuttosto che quello latino universalis, fa pensare che il senso di "cattolicità" mantenuto nella Chiesa ortodossa sia più prossimo alla coscienza ecclesiale originaria.
Il nome "cattolica", per di più, non ha solo una dimensione filologica, ma anche una molto pratica e tangibile nel diritto internazionale. Nella lista delle religioni mondiali presso le Nazioni Unite, l'entità nota come "Chiesa cattolica" è registrata sotto il nome di Chiesa cattolica romana, mentre quella nota come "Chiesa ortodossa" è registrata sotto il nome di Chiesa cattolica ortodossa.
Carattere sacramentale
La Chiesa cattolica romana, sotto l'influsso della teologia scolastica, ha adottato una dottrina particolare, non condivisa dall'Ortodossia, per spiegare perché i sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell'Ordine Santo non vengono ripetuti. Secondo tale dottrina, questi tre sacramenti, oltre a conferire la grazia divina, imprimono sull'anima un segno indelebile, che non cessa di esistere anche se la grazia divina del sacramento si ritira a causa del peccato. Questa dottrina è vincolante per i cattolici romani (Concilio di Trento, sess. VII, Canone 9).
La teologia ortodossa ribadisce che la teoria del carattere sacramentale, priva di un solido appoggio scritturale e patristico, crea un'arbitraria qualificazione all'interno dei sacramenti, ed è incapace di spiegare la natura del carattere sacramentale, e la sua eventuale esistenza al di fuori della grazia conferita dal sacramento. La dottrina sostenuta nella Chiesa ortodossa è che i tre sacramenti in questione (come pure il sacramento della Penitenza, per quanto riguarda i peccati già confessati e assolti) non si reiterano, perché non esiste più lacausa per la quale quei sacramenti furono conferiti. Vale la pena notare che il secondo conferimento della Cresima agli apostati che rientrano nella Chiesa (testimoniato già in tempi antichi), non è considerato reiterazione del primo sacramento, ma segno di riconciliazione.
Cesaropapismo
Tra le più frequenti accuse rivolte dai cattolici romani all'Ortodossia (e a tutto l'Oriente cristiano in generale) vi è quella di una forte ingerenza degli stati secolari (siano essi imperi cristiani, stati laici o regimi atei) negli affari interni della Chiesa (cesaropapismo). La posizione sopranazionale di Roma garantirebbe, secondo questa visione, una libertà dalle intrusioni statali nelle questioni religiose.
Occorre chiarire subito che quest'accusa non ha niente a che vedere con un eventuale pericolo per la purezza della fede: se così fosse, allora la controversia iconoclasta (ovvero la forzatura di un elemento estraneo alla fede apostolica da parte dello stesso potere imperiale) non avrebbe dovuto essere affatto una controversia in Oriente, mentre di fatto lo fu, e grande. La questione riguarda piuttosto diversi livelli di libertà di espressione e di culto, messi in pericolo da ingerenze statali.
Questa potrebbe risultare una divergenza più profonda e difficile da sormontare di quanto sembri, poiché alla base stanno due idee totalmente antitetiche dell'atteggiamento che i cristiani dovrebbero avere di fronte al mondo. Il contrasto potrebbe essere espresso, in modo forse semplicistico ma chiaro, nel dilemma: "è meglio asservirsi allo Stato o soppiantare lo Stato?" (Le due alternative rappresenterebbero i rispettivi punti deboli dell'Oriente e di Roma).
Ovviamente, è impossibile rispondere in modo generalizzato: gli ortodossi ritengono comunque che la costituzione di un centro ecclesiastico che si duplica come potere politico (la soluzione romana dello Stato della Chiesa, della rappresentanza diplomatica sovranazionale, e così via) sia assai più pericolosa che il dominio temporale di uno Stato transitorio, per quanto ostile.
Chiesa docente e discente
La Chiesa romana ha sempre avuto grande cura di definire le funzioni dei propri fedeli nei vari ruoli della vita ecclesiastica. In particolare, una netta distinzione ha caratterizzato l'orizzonte dottrinale del Cattolicesimo romano: quella tra Chiesa "docente" (coloro che sono preposti al compito dell'insegnamento e della trasmissione del deposito della fede, storicamente il Papa e i vescovi, o prelati equiparati ai vescovi, in comunione con il Papa) e Chiesa "discente" (coloro che apprendono la dottrina, ovvero tutti gli altri cristiani, inclusi i preti, che pure hanno il mandato della predicazione). Questa suddivisione è stata causa di profonde fratture psicologiche tra i fedeli, incoraggiando un tipo di gerarchizzazione collegato al ruolo didattico.
L'Ortodossia, d'altro canto, ha sempre rifiutato la distinzione tra Chiesa docente e discente: il compito di apprendere, insegnare e vigilare sulla fede appartiene a tutti i fedeli, e il rispetto per singole figure di monaci e chierici di particolare cultura e profondità non va in alcun modo confuso con il rispetto per i membri del clero in quanto celebranti dei Misteri di Cristo, o per i membri dell'ordine monastico in quanto cristiani impegnati in una vita radicale dei principi evangelici.
Chiese sorelle
Una vasta polemica è stata sollevata in anni recenti dall'uso sconsiderato del termine "Chiese sorelle", per indicare le realtà ecclesiali cattolica romana e ortodossa alla ricerca di unità.
Per la mentalità ortodossa, la fratellanza significa anche comunione nella stessa fede, e non solo condivisione di un cammino di dialogo e di ricerca di unità. Le uniche chiese che un ortodosso può in piena coscienza chiamare "sorelle" sono le diverse Chiese autocefale dell'ecumene ortodosso, e anche queste, comunque, nella coscienza che si tratta di realtà locali dell'unica Chiesa. Chiamare "sorella" una comunione ecclesiale separata dalla Chiesa Ortodossa equivale a un cedimento rispetto alla confessione della Chiesa Una, e a un tradimento del Simbolo di fede.
Allo stesso modo, gli ortodossi avvertono improprietà nell'uso del termine "Chiesa indivisa" per indicare l'ecumene cristiano del primo millennio (il termine dovrebbe presupporre l'esistenza di una "Chiesa divisa" nei secoli successivi, affermazione che è in contraddizione con la fede proclamata nel Credo).
Una terminologia ben più appropriata sarebbe quella relativa ai "cristiani divisi", o alla fratellanza tra i medesimi, nella ricerca dell'unità di fede.
Clero sposato
Fin dai tempi apostolici, la Chiesa ha chiamato al servizio ministeriale, oltre ai celibi, anche gli uomini sposati. Quando la disciplina del matrimonio fu fissata nei Concili di Ancira (314), Nicea (325), Gangra (c. 350) e nel Concilio Trullano del 692, fu rispettata questa tradizione, con la riserva di scegliere i vescovi tra gli uomini che avessero pronunciato i voti monastici (in questi casi, se l'eletto all'episcopato era sposato, il matrimonio veniva sospeso, ed entrambi i coniugi entravano nella vita monastica). Non era invece ammesso un matrimonio dopo l'ordinazione, e se un membro del clero rimasto vedovo desiderava risposarsi, doveva accettare la riduzione allo stato laicale.
La Chiesa ortodossa segue tuttora questa tradizione, senza alcuna modifica. Riteniamo opportuno correggere il luogo comune che parla di "preti che si sposano" nelle Chiese ortodosse: esistono preti sposati, ma non preti che si sposano (a meno di venire ridotti allo stato laicale).
Inoltre, è bene ricordare che nella Chiesa ortodossa i preti e diaconi sposati sono tenuti a offrire nella loro vita matrimoniale una immagine rigorosa e ideale del sacramento nuziale. Pertanto, non può essere ordinato agli Ordini maggiori un uomo che abbia sposato una divorziata o una vedova, o che abbia contratto un secondo matrimonio.
In Occidente, il Concilio di Elvira, in Spagna (306), proibì a preti e diaconi di vivere con le proprie mogli dopo l'ordinazione. Nonostante questa innovazione fosse stata condannata dal Concilio Trullano, ebbe inizio una serie di iniziative, mai del tutto riuscite, per imporre il celibato sacerdotale (l'imposizione lasciava purtroppo mano libera al concubinato), finché i primi due Concili Lateranensi (1123 e 1139) lo imposero con validità universale. Papa Alessandro III, nel 1180, impose il celibato anche ai diaconi, ma in anni recenti ai diaconi permanenti della Chiesa cattolica romana è stato restituito il diritto di essere ordinati nello stato coniugale.

Per le Chiese orientali unite a Roma, la tendenza generale è quella di rispettare le tradizioni di provenienza, ma talvolta queste sono state drasticamente ignorate (un esempio è la forzatura del celibato sui sacerdoti cattolici orientali al di fuori dei loro territori storici d'origine: una prassi che causò il ritorno di molti di loro all'Ortodossia, tra cui intere diocesi in America).
La disciplina cattolico-romana sul celibato sacerdotale, per quanto venga giustificata con ottime ragioni, soprattutto pastorali, presenta troppi "strappi" e cambiamenti perché gli ortodossi la possano ritenere conforme alla tradizione della Chiesa.
Comunione chiusa
Anche se un cristiano non ortodosso interamente tagliato fuori dai ministri della propria Chiesa può, in casi particolari (persecuzioni, pericolo di morte, isolamento geografico...) essere ammesso con permesso speciale a ricevere la Santa Comunione nella Chiesa ortodossa, non si applica in alcun modo il contrario: agli ortodossi è proibito essere ammessi alla comunione eucaristica per mano di sacerdoti non ortodossi. Nella sua apparente durezza (per la quale gli ortodossi vengono facilmente criticati), questa norma è profondamente in linea con la fede della Chiesa. Comunicare al Corpo e al Sangue di Cristo significa anche confessare che nella Chiesa in cui ci si comunica esiste la pienezza della fede apostolica. Significa inoltre, di fatto, diventare membri di detta Chiesa a pieno titolo, abbracciandone l'etica, i regolamenti e la disciplina. Alla luce di queste considerazioni si può capire non solo l'assoluto divieto di comunicarsi presso ministri non ortodossi, ma anche la reticenza dei sacerdoti ortodossi a comunicare cristiani di altre comunioni (è un gesto di rispetto della loro libertà religiosa, un rifiuto di cooptarli in modo poco pulito nel numero dei propri fedeli).
L'atteggiamento della Chiesa cattolica romana, che permette con maggiore larghezza ai propri fedeli di ricevere certi sacramenti in altre Chiese, nelle quali essa non riconosce esplicitamente la pienezza della fede cristiana (canone 844 del Codice di Diritto Canonico del 1983), è visto dagli ortodossi come un cedimento a un relativismo ecclesiologico non diverso da quello della maggior parte delle Chiese protestanti.
Comunione sotto le due specie
Mentre la tradizione liturgica latina ha sottratto il calice ai laici dall'Alto Medioevo fino al periodo seguente al Vaticano II, la Chiesa ortodossa ha sempre mantenuto, in conformità alle istruzioni di Cristo (Mt 26,27: "Bevetene tutti"), la comunione sotto le due specie. Il Corpo e il Sangue di Cristo, mescolati nel calice, vengono solitamente amministrati ai fedeli mediante un cucchiaio. Anche le particole che sono conservate per la comunione dei malati vengono intinte nel vino consacrato prima di essere custodite nei tabernacoli.
Solo nella Liturgia di San Giacomo, il più antico rito eucaristico tuttora celebrato dagli ortodossi, gli elementi eucaristici vengono distribuiti separatamente, ma in ogni caso i fedeli partecipano sia dell'uno che dell'altro.
La quantità degli elementi non è importante (ai bambini non ancora svezzati può essere amministrato, in un cucchiaino, un frammento estremamente piccolo del pane eucaristico), ma rimane importante la partecipazione a entrambi.
Un paragone simbolico può servire a riportare l'attenzione all'importanza di questo dettame della Chiesa ortodossa: un corpo senza sangue è, per definizione, un corpo privo di vita.
Concili di riunione
Le aspirazioni ecumeniche cattolico-romane ripropongono regolarmente le soluzioni di unione con l'Oriente che furono tentate con i Concili di Lione (1274) e di Ferrara-Firenze (1438-39). Le formule di questi ultimi (ritenuti Concili Ecumenici dal Cattolicesimo romano) furono vigorosamente respinte dall'ecumene ortodosso, e la loro rivisitazione in chiave contemporanea sembra portare a scontati risultati negativi.
Il problema con le formule di unione di Lione e Firenze è che queste costituiscono una non-soluzione, dal punto di vista dell'unità di fede. Le loro conclusioni - che entrambe le parti possono mantenere le rispettive differenze dottrinali e rituali in una reciproca legittimazione - sono per l'Ortodossia una rinuncia alla professione di una fede unica.
Una proposta più interessante per gli ortodossi sembra quella di lavorare per un'unione sulla base del Concilio di Costantinopoli dell'879-880, tenuto sotto il Papa Giovanni VIII e il Patriarca Fozio. Questo concilio, che rovesciò le decisioni del concilio "ignaziano" o "anti-foziano" dell'869 (ritenuto oggi dai cattolici romani l'Ottavo Concilio Ecumenico), resta l'ultimo concilio in cui si testimoniò la comune fede ortodossa dell'Occidente e dell'Oriente. Esso riconobbe Roma e Costantinopoli come supreme nella propria sfera, senza alcuna "giurisdizione romana" su Costantinopoli. Ripudiò unanimemente il filioque (q.v.), e portò alla completa reintegrazione di San Fozio nel suo ruolo patriarcale.
Questo concilio presenta dei problemi agli occhi degli apologeti romani. L'Occidente considerò questo concilio, se non come ecumenico, per lo meno come un sinodo autorevole approvato da Roma. L'Oriente lo vide come ecumenico, poiché vi concorsero tutti i criteri presenti nei concili precedenti: convocazione imperiale e presenza di tutti e cinque i patriarcati maggiori. Gli atti di questo concilio seguono sempre gli atti degli altri Sette nelle collezioni ortodosse di diritto canonico. Per due secoli, il concilio dell'869-870 espresse la fede comune di Roma e dell'Oriente.
Non fu che con la Riforma gregoriana che le cose cambiarono di nuovo in Occidente. Il concilio "ignaziano" fu riconosciuto come il vero Ottavo Concilio Ecumenico. Nessuna giustificazione fu mai addotta da Roma per spiegare questa soluzione di continuità. Ovviamente, anche le tavole d'argento con il Credo comune (senza filioque), appese a Roma in San Pietro, caddero dalla loro sede, e con loro cadde simbolicamente la fede comune dell'Oriente e dell'Occidente cristiano.
Purtroppo, l'esito finale del concilio dell'869-870, con il mutamento di riconoscimento dopo due secoli di accettazione, non rassicura troppo l'Oriente sulle pretese romane di stabilità dottrinale.
Concilio ecumenico: quali requisiti?
Perché si possa parlare di Concilio ecumenico, la Chiesa ortodossa richiede la presenza di una minaccia attuale alla fede della Chiesa, che viene difesa attraverso una definizione conciliare. Numerosi concili che la Chiesa cattolica romana considera ecumenici (Costantinopoli IV, Laterano II, Lione I, Costanza, e lo stesso Vaticano II) presentano difficoltà in questo campo, per la loro enfasi politico-amministrativa o pastorale. La coscienza ortodossa tenderebbe piuttosto a iscrivere questi concili nella linea della tendenza latina allo sviluppo dogmatico (q.v.). Una chiara valutazione del valore dei concili ritenuti ecumenici da Roma (due terzi non sono condivisi dall'Ortodossia) è indispensabile sulla via della ricerca di un'unità di fede.
Confessione
Il sacramento della penitenza, le cui modalità non sono state codificate in modo immutabile (dalle forme antiche di confessione pubblica si è passati gradualmente alla confessione auricolare privata), ha seguito un percorso diverso nel mondo ortodosso e cattolico romano.
Nella prassi ortodossa, la presenza invisibile di Cristo (vero fulcro di un legame triangolare di cui il prete e il penitente non sono il vertice principale) è manifestata dalla presenza di un'icona di Cristo; ciò viene ulteriormente sottolineato dalla posizione del prete e del penitente, entrambi seduti (usanza greca) o entrambi in piedi (usanza russa) di fronte all'icona del Salvatore.
Il mondo cattolico romano ha sviluppato il confessionale a grata, nella ricerca di una via di discrezione e di raccoglimento nella confessione; pur riuscendo a raggiungere tali scopi, ha tuttavia reso difficile vedere la presenza simbolica di Cristo, e ha fatto uscire di proporzione il ruolo del prete rispetto a quello del penitente.
Parallelamente a queste innovazioni, principi di uno spiccato giuridismo (q.v.) hanno teso a trasformare il confessore in un "direttore delle coscienze", piuttosto che un testimone di fronte a Cristo della confessione di un altro peccatore.

Decanonizzazioni
La Chiesa ortodossa, non avendo una procedura "centralizzata" e inappellabile per la canonizzazione dei santi, ammette in linea di principio che il giudizio di canonizzazione non sia infallibile. Può capitare pertanto che la Chiesa tolga dall'albo dei santi certi nomi, e che eventualmente ve li rimetta, senza che questo crei scandalo tra i fedeli. (È una prassi di fatto accaduta all'imperatore Costantino, sospettato di arianesimo, e alla principessa russa Anna di Kashin, sospettata di aver appartenuto allo scisma dei Vecchi Credenti, entrambi tolti dall'albo dei santi e in seguito ricanonizzati).
La Chiesa cattolica romana, al contrario, sostiene che la canonizzazione sia un atto irreformabile, in quanto giudizio solenne che impegna la Chiesa. Gli ortodossi non sanno se essere più sconcertati per questo rigorismo inappellabile, o per certe flagranti contraddizioni in cui lo stesso Cattolicesimo romano è caduto, ammettendo di fatto numerose decanonizzazioni.
Tra i santi decanonizzati dalla Chiesa romana per ragioni di ortodossia teologica, citiamo due casi: San Clemente Alessandrino, festeggiato il 4 Dicembre, fu radiato nel 1586 dal Martirologio Romano da Papa Sisto V, su istanza del Cardinale Baronio, per sospetti di origenismo; Papa Urbano V (1362-1370) fa ancora riferimento in una delle sue bolle a San Giovanni Cassiano, in seguito radiato dall'albo dei santi sotto accusa di semipelagianesimo.
Una decanonizzazione che è parsa particolarmente offensiva agli ortodossi (per i quali equivale a uno sfregio alla tradizione), è la recente esclusione dall'albo cattolico romano dei santi di figure sulla cui storicità sono stati espressi dubbi (a cominciare da San Giorgio e Santa Barbara, due delle figure più venerate del cristianesimo).
Devozione al Sacro Cuore
In profonda armonia con lo spirito del Concilio di Calcedonia (culto unico di Cristo nella sua divinità e umanità), l'Ortodossia ha sempre mantenuto un senso globale nell'adorazione di Cristo, e anche oggi gli ortodossi si sentono estranei alle forme di culto di qualche parte distinta del suo essere, o di una delle sue nature separata dall'altra.
L'esempio più clamoroso di tali forme di culto è la devozione cattolico-romana al Sacro Cuore di Gesù (una pratica sviluppatasi alla fine del XVII secolo dalle rivelazioni della mistica francese Margherita Maria Alacoque).
Anche se per "cuore" intendiamo l'ardente amore del Salvatore per gli uomini, pure non esiste, nell'Antico e nel Nuovo Testamento e nella tradizione dei Padri, l'usanza di adorare separatamente l'amore di Dio (o la sua sapienza, provvidenza, santità, o altri aspetti separati), tanto meno usandone come simbolo una parte del corpo.
L'Ortodossia vede qualcosa di innaturale nella separazione del cuore dalla natura corporea generale del Signore a scopo di preghiera e contrizione di fronte a Lui. Anche nell'amore più spontaneo e immediato, come quello materno, non ci si riferisce mai al cuore della persona amata, ma sempre alla persona stessa, in modo globale.
Gli stessi commenti possono valere riguardo a forme simili di devozione (per esempio, quella al Cuore Immacolato di Maria), profondamente sentite nel mondo cattolico romano.
Devozioni medioevali
Le usanze e le pratiche devozionali del mondo ortodosso attuale hanno mantenuto una notevole continuità con quelle del primo millennio. Non così si può dire del mondo della pietà cattolica romana, che subì una vera e propria rivoluzione intorno al dodicesimo secolo. Con lo spostamento dell'attenzione dalla nostra redenzione per mezzo della Risurrezione del Signore a un'enfasi sulla Passione del Signore, fu introdotto nel culto e nella devozione privata un elemento simbolico di amore carnale. Si giunse a considerare il Signore come compagno, amico o perfino marito/amante, come si vede nelle immagini matrimoniali introdotte nella professione monastica (q.v.) delle donne in Occidente. Tra le manifestazioni di questo nuovo approccio a Cristo vi sono la festa del Santo Nome, devozioni speciali alle Cinque Piaghe di Cristo, le stazioni della Via Crucis, le meditazioni assegnate alle decadi del rosario, il presepio di Natale e la devozione al "Bambino Gesù" in generale, nonché la devozione al Sacro Cuore di Gesù (q.v.). L'Ortodossia ha mantenuto un approccio devozionale al Signore molto più sobrio e obiettivo, cercando di evitare la sensualità, la sentimentalità e l'emotività.
Diaconato permanente
Rimanendo fedele alla tripartizione del ministero sacerdotale (diaconi, presbiteri e vescovi), la Chiesa ortodossa ha sempre giudicato opportuno che i diaconi possano restare nel loro stato, se tale è il loro desiderio, anche per tutta la vita; ciò si giustifica con la ricchezza e la complessità del ruolo del diacono nelle funzioni sacre ortodosse (nella Divina Liturgia, per esempio, le parti riservate ai diaconi sono preponderanti, e costituiscono un legame ideale tra fedeli, coro e sacerdote).
Nel mondo cattolico romano, con l'assottigliarsi delle funzioni del diacono nei riti, il diaconato è gradualmente divenuto, fino ai tempi del Concilio Vaticano Secondo, un periodo di "apprendistato" al sacerdozio, solitamente della durata di un anno.
La recente riaffermazione di un diaconato permanente nella Chiesa cattolica romana manifesta un lodevole desiderio di ridare al diaconato un ruolo di dignità e di importanza nella Chiesa. Gli Ortodossi vedono anche con favore la reintroduzione, nel diaconato permanente romano, della prassi del clero sposato. Visto che tali regole permettono l'ordinazione di uomini sposati al diaconato, ma non al sacerdozio, resta tuttavia l'interrogativo su quanti degli attuali "diaconi permanenti" rimarrebbero tali se si aprissero loro le porte dell'ordinazione presbiterale.
Diaconesse
La diaconessa, figura presente nelle comunità cristiane del Nuovo Testamento, è un tipo di ministero femminile che ebbe una certa importanza nei primi secoli della cristianità, finché le sue funzioni (che non corrispondevano a quelle liturgiche e ministeriali del diacono) furono gradualmente assorbite dagli ordini monastici femminili. Per la verità, le tracce storiche di presenza di diaconesse sono enormemente più frequenti nelle chiese dell'Oriente cristiano che in quelle occidentali.
Nella Chiesa cattolica romana, a grandi linee, si può escludere la presenza di diaconesse per tutto il secondo millennio, e anche se si è parlato di una possibile rivalutazione di questo ministero, non si è ancora deciso nulla a proposito.
Nelle Chiese ortodosse, invece, si sono avuti ancora fino ai nostri giorni casi di ammissioni di diaconesse, benché troppo rari per poter parlare di un costume fisso. Ricordiamo i casi di Madre Maria Tuchkova in Russia nel diciannovesimo secolo, e le monache greche ordinate da San Nettario di Egina alcuni decenni dopo: tuttora si ha sentore di ordinazioni sporadiche di diaconesse, ma per lo più monache, e il loro ministero è confinato nei propri monasteri.
Una ulteriore rivalutazione ed estensione del ruolo della diaconessa, nell'Ortodossia, non avrebbe in linea di massima alcun ostacolo canonico, e sarebbe soggetta unicamente all'approvazione dei fedeli.
Digiuno e astinenza
Già nell'anno 867 San Fozio, patriarca di Costantinopoli, lamentava l'introduzione di deviazioni della prassi del digiuno operate dalla Chiesa romana, e imposte dai missionari latini: l'usanza di digiunare anche il sabato, e la concessione di cibarsi di latticini nella prima settimana di quaresima. (Provvedimenti, quindi, talvolta più rigorosi e talvolta più permissivi, ma in ogni caso deviazioni dalla prassi della Chiesa antica). Ma le deviazioni sarebbero aumentate ancora di più dopo lo scisma.
Gli odierni residui delle antiche astinenze alimentari tuttora rimasti nella chiesa cattolica romana si limitano al divieto della carne in alcuni giorni particolari della quaresima. Nei periodi di digiuno degli ortodossi (che corrispondono a più della metà dei giorni dell'anno), è rimasto invece l'antico divieto di cibarsi, oltre che della carne, anche di pesce, uova, latte e latticini, vino e olio.
Per gli ortodossi, a differenza dei cattolici romani, rimane in vigore il divieto di consumare sangue, in conformità con il dettame del Concilio apostolico di Gerusalemme, citato in At 15,20.
In alcuni casi (che variano a seconda di usi nazionali e locali) l'astinenza viene lievemente mitigata in ricorrenze speciali, ma si tratta comunque, anche da un punto di vista meramente quantitativo, di una attitudine verso il digiuno molto più rigorosa di quella cattolico-romana.
Inoltre, nell'Ortodossia digiunano tutti, non solo i monaci, con un fervore e una disciplina che provocano spesso stupore nei cattolici romani, abituati a vedere lo stesso rigore solo nei più severi ordini religiosi.
In generale, si può dire che questo enorme divario di prassi ascetica rifletta due tendenze del tutto differenti di considerare il mondo e il cammino di santificazione: il Cattolicesimo romano si è gradualmente diretto verso un progressivo adattamento a questo mondo e alla sua mentalità (ritenendolo, indubbiamente, una misura di generosità della Chiesa nei confronti dei propri figli); l'Ortodossia, invece, pur consapevole della difficoltà di mantenere severe prescrizioni ascetiche nel presente oceano di mondanità, non si sente autorizzata a sminuire i suoi modelli etici. Questi sono infatti modelli di santità, ai quali i fedeli ortodossi sanno di essere sempre e immancabilmente chiamati.
Digiuno eucaristico
Come per i periodi di digiuno quaresimale, si è visto nella Chiesa cattolica romana un progressivo indebolimento del senso del digiuno prima di ricevere la santa Comunione. Con le recenti riforme il digiuno eucaristico si è ridotto a una singola ora di astinenza dai cibi e bevande, eccettuata l'acqua.
Nella Chiesa ortodossa, dove l'antica pratica è invece rimasta immutata, per chi desidera comunicarsi nulla può essere mangiato o bevuto dal momento del risveglio al mattino. Nel caso di Liturgie vespertine (permesse dalle rubriche ortodosse solo quando la Liturgia si fonde con il Vespro, in 4 occasioni di vigilie di grandi feste, e nelle Liturgie dei Presantificati in alcuni giorni della Grande Quaresima), il periodo di digiuno totale prima di comunicarsi è lo stesso, ma in certi casi viene tollerato un digiuno di sei ore.
Non sono infrequenti, nel mondo ortodosso, casi di fedeli particolarmente devoti, che prima di comunicarsi osservano anche uno o più giorni di digiuno totale.
Diritto canonico
Comprendendo nel suo seno popoli con tradizioni giuridiche molto diversificate, la Chiesa ortodossa non ha, a differenza di quella cattolica romana, un testo di diritto canonico unificato. Eppure, come per i libri liturgici (q.v.), esiste una ricca serie di collezioni di canoni, tra le quali emerge il Pedalion (timone) di San Nicodemo l'Agiorita, pubblicato nel 1800.
Si considerano normative per l'Ortodossia le collezioni canoniche dell'epoca dei sette Concili Ecumenici del primo millennio, nonché l'ampia raccolta del Concilio Quinisesto o Trullano, che è la più antica codificazione estesa del diritto canonico ortodosso.
L'ignoranza del diritto canonico ortodosso ha fatto spesso pensare, in Occidente, a un'Ortodossia "priva di regole". In realtà, le regole sono abbondanti e spesso di grande strettezza e rigore, anche se modellate su situazioni e necessità locali.
La recente promulgazione (1990) di un testo unico di diritto canonico per le chiese cattoliche di rito orientale è vista quanto meno con perplessità dagli ortodossi, che si chiedono come un'unica normativa uniforme possa adattarsi alle diverse usanze e situazioni storiche dei popoli cristiani dell'Oriente (una situazione aggravata dal fatto che il mondo cattolico orientale comprende Chiese di diversa origine, come quelle uscite dal mondo non calcedoniano).
Divorzio e secondo matrimonio
Si dice talvolta, in ambienti cattolici romani, che la Chiesa ortodossa tollera il divorzio: l'affermazione è alquanto gratuita, soprattutto in un'epoca in cui, parlando di divorzio, si pensa subito all'istituzione giuridica moderna. In realtà l'Ortodossia non è affatto "divorzista": essa fa proprie le parole di Gesù sul ripudio (in quanto atto unilaterale e umano di scioglimento di un legame divino). Tuttavia, come misura di economia (dispensazione) e filantropia (amorevolezza), basandosi sul fatto che Cristo stesso permise un'eccezione (Mt. 19,9) al suo rifiuto del ripudio, la Chiesa ortodossa è disposta a tollerare le seconde nozze di persone il cui vincolo matrimoniale sia stato sciolto dalla Chiesa (non dallo Stato!), in base al potere dato alla Chiesa di sciogliere e legare, e concedendo una seconda opportunità in alcuni casi particolari (tipicamente, i casi di adulterio continuato, ma per estensione anche certi casi nei quali il vincolo matrimoniale sia divenuto una finzione). È prevista (per quanto scoraggiata) anche la possibilità di un terzo matrimonio, mentre è in ogni caso proibito un quarto (gli antichi canoni che proibivano in ogni caso un quarto matrimonio non sono più rispettati nel cattolicesimo romano). Inoltre, la possibilità di accedere alle seconde nozze in casi di scioglimento del matrimonio viene concessa solo al coniuge innocente.
Le seconde (e terze) nozze, a differenza del primo matrimonio, sono celebrate con un rito speciale, di carattere penitenziale (il cui principio è il riconoscimento di una situazione di fallimento), che contiene una preghiera di assoluzione (la prassi cattolica romana non prevede una identificazione liturgica delle seconde nozze). Poiché nel rito delle seconde nozze mancava in antico il momento dell'incoronazione degli sposi (che la teologia ortodossa ritiene il momento essenziale del matrimonio), esiste una giustificazione teologica nel dire che le seconde nozze non sono un vero sacramento, ma tutt'al più, per usare la terminologia latina, un sacramentale, che consente ai nuovi sposi di considerare la propria unione come pienamente accettata dalla comunità ecclesiale. Il rito delle seconde nozze si applica anche nel caso di sposi rimasti vedovi, e questo consente di dire che l'Ortodossia, in linea di principio (e a differenza del Cattolicesimo romano) permette un solo vero matrimonio sacramentale in tutta la vita.

"Due polmoni"
Il paragone che vede nell'Occidente e nell'Oriente i due polmoni del mondo cristiano, che pur nella loro distinzione respirano la stessa aria dello Spirito, proviene dalla stessa Sede romana, ed è frequentemente usato come paradigma di apertura ecumenica.
Forse la scelta della metafora biologica sarebbe stata fatta in modo diverso, se si fosse avuto sott'occhio lo stesso paragone fatto nel contesto ortodosso da San Teofane il Recluso nella sua omelia di Pentecoste del 1860. Ne riproduciamo il passo in questione, lasciando ai lettori ogni eventuale commento.
"Ciò avviene perché in una parte dell'umanità gli organi della respirazione sono danneggiati, e un'altra pare, una parte ampia, non è neppure esposta all'influenza di questo soffio salutare. Perché la respirazione abbia il suo pieno effetto sul corpo, infatti, è necessario che tutti i condotti dei polmoni siano integri e privi di ostruzioni. Allo stesso modo, perché lo Spirito Divino manifesti il suo pieno effetto, è necessario che siano integri gli organi che Egli stesso ha stabilito per la propria acquisizione; vale a dire, i Divini Misteri e i riti religiosi dovrebbero essere preservati esattamente così come vennero stabiliti dai Santi Apostoli, guidati dallo Spirito di Dio. Laddove questi riti sono danneggiati, il soffio dello Spirito Divino non è pieno; di conseguenza, manca del pieno effetto. In questo modo tutti i misteri papisti [papistov nel testo originale] sono danneggiati, e molti riti religiosi salvifici sono pervertiti. Il Papato ha polmoni incrostati e infetti."
Durata della Liturgia
Una delle caratteristiche che qualificano la Liturgia bizantina (e, in generale, tutto l'insieme dei riti sacri ortodossi) rispetto alla Messa romana è la sua maggiore lunghezza. In particolare, coloro che non vi sono abituati restano colpiti dalla frequente reiterazione delle preghiere pubbliche in forma di litania.
Anche se la maggiore lunghezza non è esagerata (a livello parrocchiale, una Liturgia domenicale non dura di solito oltre un'ora e mezza), essa contribuisce a dare un carattere di "atemporalità" alle funzioni, più consona allo spirito della celebrazione festiva.
Epiclesi eucaristica
Nel rito eucaristico della Chiesa ortodossa, un momento fondamentale è costituito dall'epiclesi, ovvero dall'invocazione dello Spirito Santo sui Santi doni, perché li trasformi nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Questo momento dell'epiclesi è presente anche in molti altri momenti del culto ortodosso, tipicamente quando la Chiesa vuole sottolineare che certi effetti misteriosi non avvengono per volontà umana, ma per intervento di Dio.
Anche se la epiclesi non viene considerata l'unico fattore che determina la consacrazione eucaristica, nondimeno la teologia ortodossa riterrebbe priva di validità un'Eucaristia celebrata senza l'invocazione, almeno implicita, dello Spirito.
Inoltre, per la Chiesa ortodossa è la preghiera dell'epiclesi (recitata dopo le parole di istituzione) a perfezionare la trasformazione eucaristica: La Liturgia di San Giovanni Crisostomo, a questo proposito, è inequivocabile: "...e fa' di questo PANE il prezioso Corpo del tuo Cristo".
Per la teologia cattolico-romana, il momento della consacrazione è costituito dalle parole di istituzione ("questo è il mio corpo" e "questo è il mio sangue"), e la formula di epiclesi viene di solito considerata secondaria.
Prima del Concilio Vaticano II, il Canone eucaristico romano non conteneva una epiclesi esplicita; molti liturgisti ortodossi, tra cui il celebre Nicola Cabasilas, indicarono tuttavia nel paragrafo Supplices Te rogamus... una forma implicita di invocazione dello Spirito.
È significativo, inoltre, che negli antichi canoni eucaristici, l'epiclesi fosse sempre posta dopo le parole di istituzione, per indicare il culmine del processo di consacrazione. Così è tuttora nella liturgia bizantina, e così era nel rito latino per quanto riguarda il Supplices Te rogamus. Un fatto curioso del rito eucaristico romano post-conciliare è che l'antica Anafora di Ippolito (divenuta la Preghiera Eucaristica II) abbia subito una traslazione dell'epiclesi da dopo le parole di istituzione a prima, in una posizione più "neutrale".
L'insistenza cattolico-romana sulle parole di istituzione non sembra peraltro giustificata in tutto l'ecumene cristiano: una delle antiche liturgie siriache, l'Anafora di Addai e Mari (tuttora in uso presso le chiese sire), è addirittura priva delle parole di istituzione.
Espiazione vicaria
Dalla scuola di Anselmo di Aosta (e, in origine, dalla concezione agostiniana del peccato originale ereditario) è pervenuta al Cattolicesimo romano una comprensione della Crocifissione come pagamento di una punizione, un "riscatto" che Cristo soffrì al posto del genere umano, costretto alla schiavitù al male per virtù del peccato originale.
L'Ortodossia ha una visione assai differente della sofferenza di Cristo e della sua morte sulla Croce: queste ebbero come fine la sconfitta del diavolo e la distruzione del suo potere, la morte (in questo caso, l'unico "riscatto" è quello pagato alla tomba). L'umanità partecipa al riscatto dal diavolo e dalla morte attraverso la padronanza sulle passioni: le sofferenze salvatrici di Cristo vengono così inserite in una cornice di preghiera, pubblica e privata, digiuno (rinnegamento di sé) e obbedienza volontaria, di cui il monachesimo è l'espressione più evidente.
La visione occidentale dell'espiazione vicaria portò a notevoli mutamenti di percorso, con l'introduzione di elementi quali la punizione ecclesiastica dei peccati, le opere supererogatorie, e tutta la cornice giuridica del Purgatorio (q.v.).
Tutto l'edificio teologico del peccato originale e dell'espiazione vicaria (con la sua assoluta necessità di una soddisfazione infinita per un'offesa, e la sua concezione tutto sommato mondana e passionale di giustizia, quasi riconducibile alla vendetta) mette in serio dubbio la bontà di Dio. Può anche essere visto come un pericoloso sintomo di ritorno al paganesimo, con la necessità dell'Inc

Edited by *La Guerriera della Luce - 27/5/2016, 14:38
 
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il pacifista delle tenebre
view post Posted on 16/2/2016, 16:10     +1   -1




è la dimostrazione che l'Uomo ha creato dal nulla un universo in cui vivono miliardi di poveri individui plagiati.

Edited by *La Guerriera della Luce - 26/5/2016, 23:37
 
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Mrs Hope
view post Posted on 21/2/2016, 19:25     +1   +1   -1




Parlando nello specifico delle cose che hai messo in rosso, non mi è ben chiara la storia dei preti ortodossi: se erano già sposati prima dell'ordinazione va bene, ma non possono sposarsi dopo essere stati ordinati? Oppure ho capito male io?
Riguardo alla confessione, a livello di coerenza sarebbe meglio la procedura ortodossa a mio parere, perché se prete e penitente sono entrambi davanti all'immagine di Cristo è come se si volesse dire che, alla fine, sono entrambi peccatori di fronte a lui...nel cattolicesimo invece questo non succede, perché è come se il prete rappresentasse Dio mentre ascolta chi si confessa. Quello che mi chiedo è, per pura curiosità, ma se i preti cattolici in teoria non possono ripetere a nessuno quello che sentono in confessione (non parlerebbero neanche se avessero ascoltato un serial killer, praticamente), chissà se la stessa regola vale pure per quelli ortodossi? :blink:
Per il divorzio, invece, conoscevo questa differenza: sinceramente, però, entrambi i comportamenti mi sembrano un modo con cui le Chiese vogliono imporre il proprio potere ai fedeli. Una non accetta i divorzi che non ha autorizzato lei stessa, e l'altra proprio non li accetta a prescindere; non credo ce ne sia una meglio dell'altra, su questo punto.

Edited by *La Guerriera della Luce - 26/5/2016, 23:39
 
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Mario P68
view post Posted on 21/2/2016, 19:50     +2   +1   -1




Per i preti hai capito benissimo riguardo al potersi sposare anche se sono d'accordo con te che la regola è abbastanza strana.Sul segreto del confessionale non ti so dire ma ti preciso che in Italia i sacerdoti sono esentati dalla stessa Legge a riferire alla Giustizia ciò di cui sono venuti a conoscenza come da art.7 Concordato Stato-Chiesa Cattolica /Gli ecclesiastici non possono essere richiesti da magistrati o da altre autorità e dare informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del sacro ministero/. Considerato che in Oriente la Chiesa Ortodossa non esercita alcun potere temporale presumo che da loro ci sia più collaborazione con la Giustizia

Edited by *La Guerriera della Luce - 26/5/2016, 23:39
 
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3 replies since 15/2/2016, 18:45   89 views
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