Quando oggi usiamo l’attributo "paradossale" intendiamo che il soggetto a cui ci riferiamo sia privo di qualsiasi logica comunemente accettata.
Ma il paradosso, nel senso di ragionamento dilemmatico dai risultati che concludono sempre in un punto di domanda, ha origini antichissime.
Furono gli stoici nel 300 a.C a inventarlo. Vediamo i più incredibili.
Il paradosso dell’avvocatoFormulato dallo scrittore Aulo Gellio, questo paradosso ha come protagonista il filosofo Protagora. Protagora era un oratore e maestro, al quale il giovane allievo Evatlo chiese delle ripetizioni. Secondo gli accordi, la prima metà del compenso sarebbe stata data subito, mentre la seconda metà quando Evatlo avesse vinto la prima causa. Il caso volle che Evatlo non divenisse mai avvocato—intraprendendo una carriera politica. Dopo un po’ di tempo Protagora richiese comunque la seconda metà a Evatlo che non volle concedergliela. Arrivati in tribunale, il giudice ammise di non essere in grado di decidere a chi dare ragione, a causa delle convincenti argomentazioni degli imputati.
Protagora sosteneva che se Evatlo avesse vinto la causa avrebbe dovuto pagarlo in base al vecchio accordo, e se l’avesse persa avrebbe comunque dovuto pagarlo in base alla sentenza del giudice. Dal canto suo, Evatlo sosteneva che nel caso in cui avesse vinto in prima persona la causa non avrebbe dovuto pagare Protagora, ma nemmeno nel caso in cui avesse perso dato che così facendo Evatlo non avrebbe mai vinto da avvocato una causa (clausola del loro patto iniziale).
Il paradosso dell’onnipotenza Sviluppato in epoca medievale, è uno dei paradossi teologici presi in esame dai diversi filosofi dell’epoca, tra cui spicca Cartesio. Il paradosso parte dall’assunto che se un essere superiore è per definizione onnipotente, deve essere in grado di creare un oggetto impossibile da spostare e scalfire per chiunque ci provi.
Quindi, se l’essere superiore creasse un masso inamovibile per confermare la sua onnipotenza, dovrebbe a quel punto essere in grado di spostarlo perché onnipotente. Spostandolo—ovvero contraddicendo la premessa iniziale—negherebbe però la sua stessa onnipotenza. In definitiva, nel caso in cui lo spostasse rimarrebbe comunque onnipotente? Sì o no?
Rispetto agli altri paradossi questo potrebbe risolversi affermando che l’onnipotenza non esiste. Ma per i filosofi dell’epoca, ferventi credenti, anche un semplice gioco doveva essere letto secondo una prospettiva spirituale. Come soluzione, Cartesio infatti cercò di affermare che Dio, onnipotente per definizione, sarebbe in grado di spostare un masso inamovibile precedentemente creato, ma così facendo, dava una soluzione non logica a un problema logico, cambiando le regole dei paradossi.
Il paradosso del mentitoreQuesto paradosso, adattato ai nostri giorni, recita: “Data una proposizione come ‘questa frase è falsa’, nessuno riuscirà mai a dimostrare se tale affermazione sia vera o falsa.” Infatti, se la frase fosse vera, la veridicità della frase non potrebbe essere invalidata da un contenuto mendace. E, viceversa, se fosse falsa significherebbe che è vero che è falsa, e quindi non potrebbe essere falsa. Il paradosso originario, sviluppato da Epimenide di Creta, nel VI secolo a.C., recitava invece così: "I Cretesi sono bugiardi." Ma rimane ugualmente irrisolvibile.
Il paradosso del barbiereSi tratta di un’antinomia formulata nel 1918 dal filosofo britannico Bertrand Russell. Il paradosso recita più o meno così: “In un villaggio vi è un solo barbiere, un uomo sempre ben sbarbato, che rade tutti e solo gli uomini del villaggio che non si radono da soli. Il barbiere rade se stesso?”
Se così fosse verrebbe contraddetta la premessa secondo cui il barbiere rade solo uomini che non si radono da soli. Ma se così non fosse, come mai il barbiere è ben rasato, dato che egli stesso è l’unico barbiere del villaggio? In entrambe le casistiche, saremmo di fronte a una contraddizione.
Tratto da: www.helloworld.it/cultura/paradoss...ntent=140916335Edited by *La Guerriera della Luce - 11/10/2016, 15:24